Giudizi critici su “Allegro ma non troppo” da PRO OMNIA

Quanto è stato scritto sull’opera letteraria di Filippo Petroselli a cura di Alessandro Vismara

“Dopo aver curato personalmente con amore e passione l’OPERA OMNIA dello scrittore Filippo Petroselli, in tre volumi in ottavo di complessive pagine 1340, è con vivo piacere che presento questo volume. È nato nel lontano 1910 quando il grande letterato Guido Mazzoni con brevi parole che sanno di profezia: «Vi è genio e fantasia» giudicò il primo lavoro letterario di Filippo Petroselli, allora studente. Mi auguro che questa raccolta di giudizi sia gradita ad ogni lettore e soprattutto a chi ama approfondire lo studio sulle opere di questo illustre Autore”. 

Alessandro Vismara

1949


  • Il Risveglio Abruzzese, Teramo  (dicembre 1949)

Sono novelle bene ideate, ben disegnate, felicemente condotte, tra le migliori della letteratura contemporanea. Originale vi è sempre la vicenda, vivo il dialogo, sapienti gli effetti; tutte palpiti e frizzi, tutte luce ed ombra e ricche di contrasti vigorosi. In esse sempre l’interesse della vicenda trova mirabile rispondenza nel calore dell’umanità.

Petroselli, forte tempra di narratore, s’ispira per i suoi romanzi, e così per le sue novelle alla vita, ma non è un freddo scrittore realista. Il magistero dell’arte sua trasfigura suggestivamente la realtà d’ogni giorno lasciandone intatti sentimenti e passioni, ma cogliendo e queste e quelli nella loro significazione eterna, si che i personaggi assurgono all’altezza di tipi caratteristici ed indimenticabili.

Raffaello Biordi

1950


  • Archivio di famiglia, datato 1950

Queste novelle “Allegro, ma non troppo” sono brani di vita ritagliati dalla realtà. L’autore è un osservatore attento, perspicace, preciso: coglie i modi di essere della vita quotidiana e traducendoli in bei ritratti pittoreschi, ci fa entrare per virtù di stile, nel dominio della grande arte. I suoi personaggi sono descritti con minuziosa verità come luoghi che sono teatro dell’azione. Il soggetto è bene inquadrato: il racconto fatto rapidamente. L’espressione è ricchissima di vibrazioni e di poetiche suggestioni.

Egli possiede una facoltà prodigiosa di pensare per immagini onde anche le cose più povere e le creature più misere sono naturalmente magnificate. L’idea prende in lui una consistenza concreta, la forma, il colorito, il suono degli oggetti reali: lo scrittore la vede, la sente come una cosa animata, ne sorprende i contrasti di luce e di ombra, ne afferra gli effetti di gesto e di parola. In queste novelle la nota dominante è precisamente quella della sensibilità calda, vibrante ma temprata dal buon senso, dal buon umore, da una malizia innocente e indulgente, dall’animo contemplativo della natura, dal piacere di parlare vivo e vero.

Vi tocca argomenti lievi e gravi, lieti e tristi, mutando di intonazione, ma conservando sempre lo stesso accento, la stessa stupenda naturalezza d’espressione e la stessa facile immediatezza di rappresentazione. C’è poi – e questo va notato particolarmente – una grande bontà di intenti che le rende educative e dilettevoli. C’è la caratteristica psicologica e da questa fluisce anche la vena di gioviale umorismo. Petroselli non scende mai al comico puro, al riso spensierato, fisico, automatico: è invece quella vivacità benevola e indulgente che serve all’autore per farsi strada nell’animo di chi legge, e arrivare con una spontaneità sempre garbata, a prender d’assalto un difetto o a far amare una virtù. Ed è doveroso aggiungere che gli elementi della sua arte ne fanno uno scrittore degno d’essere annoverato tra i nostri migliori.

Primo Gasbarri

  • PENSIERO MEDICO, MILANO, direttore Ferruccio Marcora     (agosto 1950)                                                                        RICERCA IN CORSO

Novelliere e romanziere di polso, padrone di uno stile personalissimo, incisivo e brillante, capace di comporre dialoghi briosi e vivi e di perdersi in descrizioni pittoriche e, talvolta, veramente scultoree. Filippo Petroselli, offre oggi ai suoi fedeli lettori questo suo nuovo fascio, in realtà fiorito e profumalo, di novelle che, ancora una volta, stanno a testimoniare la sua fedeltà all’arte, la sua passione di scrittore, e le sue invidiabili doti di gran signore della penna, di sincero osservatore delle povere vicende umane (povere sempre, anche quando, in fondo, sembrano allegre e spensierate), di pietoso scrutatore d’anime e di cuori.

r. batt. g.

  • IL POPOLO                                  gennaio 1950               RICERCA IN CORSO

Si direbbe che il titolo posto da F. Petroselli a questi volumi di novelle riassuma e definisca l’arte di lui, acuta e bonaria, arguta e pensosa, disinvolta o venata di condiscendente e talora malinconico compatimento umano.

  • Cronache Scolastiche Como              gennaio 1950              RICERCA IN CORSO

(forse Le cronache scolastiche, rassegna quindicinale dell’istruzione media)

Il materiale dei suoi ricordi, elevato al magistero dell’arte, il Petroselli ha saputo plasmare e concretare in vicende che della verità conservano le doti fondamentali. Lettura assai piacevole, tale da far passare qualche ora di buon umore tra le pareti domestìche. Lettura sana ed onesta.

G. R.

  • La condotta medica. Bollettino ufficiale dell’associazione nazionale dei medici condotti                                                     febbraio 1950              RICERCA IN CORSO

Profondo osservatore della natura e degli uomini, fine umorista, poeta dai più squisiti sentimenti, ha al suo attivo opere che, affrontata la prova del fuoco della critica militante, gli hanno reso noto il nome. Anche in questa raccolta di novelle si sente il vero scrittore, originale, piacevole e profondo

  •  Il giornale letterario    (febbraio 1950)    RICERCA IN CORSO

Queste novelle lasciano trasparire sorrisi e rivelano qualche lagrima … Sono brani della commedia umana, dove, però, anche il comico è visto con occhio non scherzevole, ma acceso di simpatia e compassione umana. Abbiamo il narratore di episodi e di tipi, abbiamo l’umorista ed abbiamo il simbolista. Egli possiede una visione ben sua della vita e ne parla con naturalezza non priva del senso di giustizia. Gli umili, i deboli, gli oppressi sono i suoi amici, ed egli li ascolta e li comprende, spesso muovendo in loro soccorso.

Si sta bene in compagnia di Petroselli, e si prende parte volentieri a quanto egli ci presenta, gioiendo e dolorando con lui, nella semplicità e spontaneità di tali sentimenti che non vengono incrinati da alcuna superfetazione cerebralistica.

Armando Zamboni

  • La via. Settimanale indipendente di critica, ROMA (febbraio 1950)                 RICERCA IN CORSO

II lavoro del Petroselli porta nell’editoria della metà del secolo una voce nostra, tipicamente italiana e paesana, ma appunto per questo umana e piena di significati. L’umorismo è sempre cordiale, il che dà una più dolce serenità alla narrazione sempre viva ed interessante. Narrazione che è limpida fonte di onesto e raro svago: bozzetti rapidi, incisivi, indimenticabili. La sua terra cimina è vista dall’originale autore con occhio attento ed affettuoso. Petroselli è un vero signore della penna e ciò gli permette di scrivere con il rigore stilistico di un ottocentista e con la vivacità di un moderno: lo stile è purissimo.

Sandro Vismara

  • Gymnasium. Rivista didattico-letteraria per Le Scuole medie, SEI, TORINO                                                  (aprile 1950)   RICERCA IN CORSO

Il Petroselli scrive bene, anzi molto bene. Certi personaggi con una dovizia di particolari che ci ricordano i racconti di Poe (con le debite proporzioni) e li anima di una sottile e talvolta nascosta, dolente ed accorata umanità che appassiona il lettore quando non lo rallegra.

G. Celli

  • Rassegna Nazionale. Periodico letterario e culturale, ROMA       (aprile 1950)                   RICERCA IN CORSO

Sono due volumi, due raccolte di venti novelle e tutte si leggono con gusto. Il Petroselli è un narratore efficace, incisivo; egli sa delineare, con pochi tratti, tipi e situazioni in modo mirabile.

Sono tanti gioielli pittorici, veri artistici quadretti, che abbelliscono qua e là un po’ tutte le novelle e aumentano la piacevolezza della narrazione, sempre spigliata come si conviene alla vera novellistica.

A volte l’autore prende lo spunto da soggetti o addirittura da barzellette note e arcinote, eppure riesce a trarne novelle gustosissime ed originalissime. Sembrano scritte specie per coloro che con la lettura vogliono trovare sollievo e rinfrescare le energie spirituali, spossate dalla materialistica monotonia dell’occupazione quotidiana. 

  • Realtà Politica – Roma                   (aprile 1950)                  RICERCA IN CORSO

Vi domina un sovrano un senso di estetica serenità e di pigliato verismo che induce a reminiscenze fuciniane; ma si pensa se mai al Fucini migliore, ad un Fucini non impigliandosi nei reticolati delle suggestioni politiche o dei problemi sociali; insomma ad un fucile più moderno e meno inquieto, più riposante, più sereno, più umanista, umanissimo sempre.

g.d.a.

  • Histonium, Sao Paulo, Brasile                  (maggio 1950)            RICERCA IN CORSO

Allegro, ma non troppo es una coleccion de cuentos breves que estan dentro de la linea de la narrativa toscana, la de Renato Fucini y Ferdinando Paolieri. Petroselli se queda aqui en un pequeno mundo de cazador, empleades, profesores, nobles en decadencia, campesinos y obreros. Pero a un dentro de este marco, dentro de lo anedotico a veces, come en La valigia, consigue elenarse sobre el boceto provinciano gracias a la penetracion psicologica con que observa a sus personajes, penetracion que parece derivada de sa pratica profesional. Ast gusta elegir sus personajes entre los que presentan caracteristicas patologicas, come por ejemplo Cencio, el nino loco, protagonista de il Ragano bellisimo cuento digno de figurar en una seleccion representativa de los mejores escritores de Italia. Estos coentos se distingue ademos por estar escritos con vivacidad Y elegante desenvoltura y un sentido finisimo de la lengua italiana.

  • Letture. Rassegna del libro, Milano (agosto 1950)   RICERCA IN CORSO

… nelle novelle del Petroselli c’è qualcosa che lo distingue da tutti gli altri novellieri, ed è un maggior sentimento di umana comprensione che si nasconde sotto il suo sorriso. L’accentuazione, infatti, dell’aspetto buffo di tanta realtà umana non è mai cattiva e lascia intravedere la realtà più profonda del cuore umano, insoddisfatto e insofferente, per cui il sorriso si trasforma in compassione.

A. Scurani

  • Puer. Rivista bimestrale di studi pedagogici, diretta da VASCO PISANI, Siena                                             (settembre 1950)           RICERCA IN CORSO

… per chi ama la lettura facile e riposante ecco Allegro, ma non troppo di Filippo Petroselli: fatti di cronaca ed episodi della vita comune, ora comici, ora grotteschi, ora spassosi, raccontati alla buona in una prosa pulita e serena.

Ignazio Drago

  • Orbis, bollettino nazionale e estero, Firenze (novembre 1950)

Sono novelle legate ad un filo sottilissimo di logica interiore, improntate da un senso di umanità che traspira da ogni pagina; novelle che si leggono tutte d’un fiato tanto riescono a tenere incatenata a sé l’attenzione del lettore. Si passa davanti a uno scenario caleidoscopico, pieno di sorprese, di intrecci e di situazioni nuove e insospettate. Sono, per dirla in termini lucreziani, guizzi di luce che squarciano all’improvviso oscure tenebre addensate e gravanti un piccolo e talora vasto mondo fantastico o, meglio ancora, fiabesco, riflettente questa vita colma d’inganni, di rancori mai soffocati, di sofferenze e di miserie a cui non manca la parola amichevole, il consiglio opportuno, il conforto seguito suggerito dall’autore, in tono non molto allegro; poiché il Petroselli, mi affretto a dirlo, ha tutta l’affettuosità, traverso la frase dolcemente ironica, di un uomo di buon cuore, l’oculatezza di un medico esperto che cura e risana le piaghe, anche se qualche volta sono purolente e sembrano a prima vista insanabili. E tutto questo egli fa, descrive, dialoga e narra col riso sulle labbra e col cuore in lagrime.

Ricordo, per indicenza, di aver letto sul frontespizio delle “Mie Prigioni” del Pellico, un motto biblico, che spesso tuttora, data l’occasione, mi risuona all’orecchio ed è precisamente questo: “Homo de muliere natus, brevi vivens tempore, repletur multis miseriis!”. Oh quanto è vero anche oggi! E il Petroselli lo sa, lo deve ricordare il motto, uscito dalla bocca di Giobbe in mezzo a sofferenze inaudite. Egli pure, come me e tanti altri nella loro giovinezza, deve aver letto quel magnifico libro scritto col sangue. E deve pure aver letto sui banchi della scuola elementare un altro libro, non meno educativo, voglio dire “Cuore” di De Amicis. Mi piace fare qui tali confronti, poiché, lo trovo io trovo molti punti di contatto tra Silvio Pellico, De Amicis e Petroselli scrittore di novelle redatte in tono allegro sebbene non molto che è proprio la caratteristica dello scrittore viterbese.

Basterebbe leggere, anche superficialmente, alcune di queste novelle, per avvertire che il Petroselli con occhio clinico scruta e cauterizza i personaggi che mette in scena. Uomini e donne si muovono e si agitano in modo familiare, domestico, quasi direi viterbese, tanto certi individui sembrano vicini al narratore. Figure tutte queste che ti fanno qualche volta sorridere e qualche altra, perché no? pensare e piangere; giacché scopo del novelliere non è quello di gettare il disprezzo sui suoi personaggi, bensì precisamente quello di suscitare nei lettori un senso di compassione, mista al ridicolo, che lo scrittore adopera di proposito come correttivo.

Non credo di aggiungere molto alla fama del Petroselli, ma affermo che egli come scrittore possiede una abilità tutta sua, personalissima e si rivela profondo conoscitore delle cose che lo circondano e degli uomini, coi quali ha contatti quotidiani. Colorista di sommo grado, ritrae scene di attualità con vivacità di immagini e con accortezza di immediati passaggi e di repentine battute che talvolta non hai neppure tempo di riprendere il fiato, tanto è scorrevole lo stile del narratore.

  • IL POPOLO                                                (dicembre 1950)     RICERCA IN CORSO

Come dice Ettore Janni Petroselli è uno scrittore con un talento schietto e vivo di narratore e in più con una calda immaginazione che si trova difficilmente fra scrittori più in vista di lui. Procede a modo suo suscitando casi, figure e paesi che ci danno sempre il gusto di una gradevole novità, con un che di festoso, di malizioso senza acredine, di filosofico senza pesantezza, illuminato e aerato da un felice senso della natura in paesaggi singolarmente chiari e vivi.

Bricoli

  • Rivista venatoria quindicinale, Firenze  (dicembre 1950)  RICERCA IN CORSO

«Allegro, ma non troppo» per vena narrativa, per interesse di episodi e bellezza di panorami, si raccomanda da sè, ed infatti ha avuto larghi consensi nel pubblico che chiede libri sani ed onesti dei quali oggi non v’è davvero eccessiva offerta. Sempre felice l’autore nel rappresentare tipi ed ambienti nel paesaggio. Petroselli sente la malia della vita all’aria aperta: cieli sereni e nuvolosi, in tempesta, alitare di brezze aulenti 0 impetuoso soffio di venti gelidi, campi fioriti come giardini, campi biondi di messi mature, ondeggianti se l’aria è mossa. Tutti spettacoli descritti con passione di innamorato.

Vincenzo Chianini

  • L’approdo. Mensile artistico letterario, Napoli  (dicembre 1950)
  • idem La libertà, Roma                                      (dicembre 1950)

Grande scrittore Filippo Petroselli; senza dubbio il più interessante, originale, il migliore fra quanti servono insieme Esculapio e le Muse; ché in lui è una facilità mirabile di rappresentare tipi e fatti desunti dalla cronaca di ogni giorno, o inventati, con un senso di umanità e verità, con tale vivacità

e calore da far delle figure indimenticabili tipi e di conferire al fatto una piacevolezza e un fascino indicibili! Il Petroselli non fa dell’arte aux marges, come alcuni medici fanno della critica letteraria o della pittura: egli fa dell’arte sul serio; e i suoi libri stanno a dimostrare inoppugnabilmente quale talento, quale versatilità, quale stoffa di scrittore egli possegga e come meritasse le lodi di Ettore Janni.

Tutte all’altezza della più bella tradizione italiana son queste novelle: novelle che non restano mai nella sommarietà del bozzetto, ma hanno fisionomia e sostanza nettamente novellistica nell’invenzione, nella costruzione, nello sviluppo, nel disegno di personaggi e nell’approfondimento psicologico di essi; nella novità o saporosità della vicenda, nel palpito delle situazioni, nella costante attrattiva del racconto. Novelle tutte stupende e meritevoli di essere riprodotte in antologie per le scuole o letterarie. A sfondo di queste novelle si svolge il paesaggio della Tuscia ammantato di castagni e di ulivi; con i monti coperti di folta vegetazione.

Pochissimi spunti, invece, ha fornito il neurologo allo scrittore: ed è bene che sia stato così: ché il dolore e lo strazio della carne che la misera umanità offre allo sguardo del medico o all’opera del chirurgo sono sacri ed è meglio che restino sempre nel segreto di uno studio, nell’ombra discreta di una sala operatoria.

Alfredo Baccelli

1951

  • Prisma. Rassegna di poesia e critica        (febbraio 1951)        RICERCA IN CORSO

Novelle improntate d’umorismo, ma non tanto da lasciar trapelare un amaro sentore della realtà della vita. Un modo di cogliere la vita come sotto il balenio di luci rapide e vive. Si ricorda il Boccaccio, il Sacchetti, e a Petroselli al quale non fa difetto, né lo spirito d’osservazione, né l’umorismo, né quella commozione che a volte s’imprime nelle sue scene illuminando di riso le battute dei personaggi.  

  • Tecnica dell’insegnare. Rivista mensile di pedagogia e didattica, ROMA (febbraio 1951)               RICERCA IN CORSO

Novelle legate alla tradizione italiana del genere e condotte con quel piglio bozzettistico e toscaneggiante che fu proprio dell’800. Il titolo è adatto a queste divagazioni argute, bonarie, ricche di “trovatine” e di “sorprese” che costituiscono una piacevole e refrigerante lettura.

1952

  • Cronaca, Il Cairo (Egitto)                       (gennaio 1952)               RICERCA IN CORSO

Libro arioso ove l’autore dà libero sfogo all’estro della sua fantasia, lasciandosi andare alla migliore tradizione italiana, ricordandoci a momenti il Fucini o il Paolieri per non citare Rousseau col quale si apparenta per il suo amore per la natura espresso con accenti di lirica passione. A tutto ciò si aggiunga uno stile agile, privo di rettorica che rivela una bonaria filosofia … ogni tanto fa capolino un sorriso volterriano che sta come il sale (con un granello di pepe) alla minestra … Il tutto, naturalmente, sotto il platonico manto della più schietta indulgenza. Genuine qualità di narratore e artista equilibrato. E’ una sana fantasia narrativa.

  • senza indicazione, Palermo            (maggio 1952)   RICERCA IN CORSO

Nella prosa di Filippo Petroselli trovo delle affinità con la narrativa di Simenon, con la differenza però che la Francia ha riconosciuto il grande merito del romanziere e lo ha nominato accademico, mentre l’Italia non ha ancora considerato nel suo giusto valore il grande autore di Ruzzante e Allegro, ma non troppo. Libri che possono stare degnamente accanto a Don Chisciotte, capolavoro di Cervantes. Petroselli ha talvolta le sfumature d’ironia di Simenon, talaltra la satira di Cervantes.

Filippo Agnello di Ramata

  • Il Giornale, Napoli            (settembre 1952)        RICERCA IN CORSO

Queste novelle: ridanciane, classicamente burlesche, amaramente comiche o potenti, bonariamente satiriche, sono tutte plasmate in modo originale e divertente.

Gino Rovida  

1957


  •  Gino Spinelli De’ Santelena, La narrativa di Filippo Petroselli – saggio critico, estratto da Pensiero ed Arte, Bari 1-2 febbraio 1957 

Nel travaglio della vita, tutta dedita ad una suprema missione di bene, Filippo Petroselli, che a contatto diretto dell’umanità affina la sua sensibilità, è in grado di saper valutare il significato di una parola e di un atto di bontà: un gesto di pietà e la rinunzia ai vani piaceri.

Durante le poche ore libere che gli lascia la sua professione, egli non disdegna di vergare racconti e romanzi, stilizzando il periodo in una forma scheletrica ma efficace, rifuggendo da ogni formalismo e da ogni retorica, per estrinsecare il proprio pensiero in pagine palpitanti di gioie e dolori, privazioni e umorismo, sorrisi e pianto. In tal modo lo scrittore sottopone ad una analisi introspettiva i propri personaggi, per carpire loro le più lievi percezioni dei sentimenti umani, presentandoci la vera anima ed il vero volto delle figure che animano, così, tutte le sue pagine.

Filippo Petroselli vive in un mondo tutto suo dal quale vorrebbe che ogni egoismo, ogni personalismo, ogni falsità fosse bandito, perché si potesse alimentare una pura fiamma di passione. Tesi verso una meta luminosa, gli uomini dovrebbero marciare affiancati, tenendosi continuamente per mano.

Lo scrittore attraverso la prosa spigliata ed elegante delle sue pubblicazioni, ci insegna a sopportare con umana rassegnazione ogni sofferenza, mettendoci in condizione di guardare con amore il fratello che soffre a noi accanto: egli ci insegna a non maledire la vita ma a valutarla nella sua più cruda realtà, perché il male, sempre in agguato, insidia continuamente la nostra terrena esistenza.

Filippo Petroselli ha una produzione letteraria veramente eccellente. Prosatore spigliato e geniale, dallo stile forbito ed incisivo, dal periodare armonioso e scorrevole, egli dimostra di ricercare le parole spogliandole da ogni materialità per presentarcele con linguaggio fiorito in uno stato di meravigliosa bellezza, allo stesso modo con cui l’orafo ci presenta i suoi gioielli artisticamente cesellati”. […]

“Allegro ma non troppo”, sono due volumi di ottime novelle pubblicati a distanza di quattro anni l’uno dall’altro. È una ricca collana di 40 gustose novelle intrecciantesi in soggetti disparatissimi, che dimostrano nel Petroselli un fine psicologo, un profondo indagatore delle umane avventure, sventure e disavventure. Una ricca messe di quadri saggiamente coordinati tra loro, sorretti da un apporto di spigliata fantasia e da una narrazione fluida, sfociante in un mondo in cui i personaggi agiscono sotto l’influsso di un superbo creatore il quale infonde, in ognuno di essi, un soffio della sua vitalità.

Tra il primo ed il secondo volume vi è un filo conduttore che lega continuamente lo svolgersi degli avvenimenti, in un complesso di situazioni il più delle volte gustose che lasciano sempre nel lettore una nota di buon umore, indice di sapiente estro creativo dell’autore.

Il solco del tempo inciso tra le due date 1950-1953 è valso a far sì che il Petroselli potesse arricchire di nuove cognizioni e di nuove esperienze il bagaglio della sua novellistica, accumulando argomenti di varia natura, atti a formare il canovaccio dei suoi volumi.

1967


  • Renato Benedetto in Filippo Petroselli, scrittore e pensatore, Fratelli Palombi Editori, Roma 1967

[…] “Prima del romanziere, di cui tratterò ampiamente, mi soffermo su Filippo Petroselli novelliere. Venti novelle pubblicate nel suo libro Allegro ma non troppo, edito da Gastaldi di Milano nel 1949; altre venti, per il medesimo editore, stampate nel volume Allegro ma non troppo – Secondo tempo; ancora altre “storielle” pubblicate nella seconda parte del libro L’ampolla della gioventù, per l’editore Franco Campitelli di Foligno nel 1925, e nel libro Avventure di plenilunio, edito da Gastaldi nel 1951, rappresentano un complesso notevole di libri di breve narrativa, da me tutti i letti, con l’attenzione che meritano, ma senza alcun segno di stanchezza o di noia, l’uno di seguito all’altro: una sorridente fatica, che mi ha fatto dimenticare lo scorrere delle ore, una schioppettante sequenza di fuochi d’artificio, dai colori dell’iride, che si profilava sul cielo della mia fantasia, come sul velluto di una serena notte d’estate, in infiniti arabeschi, in cascatelle, in fontane di scintille, incantevole, affascinante. A mano a mano che procedevo nella lettura, ad ogni pagina era una risata irrefrenabile che si ripeteva, un compiacimento per il garbo, la misura, il taglio di ciascun racconto, per il dialogo vivace, la notazione arguta, la battuta al punto giusto, la descrizione efficace e scultorea di tipi, di macchiette, di personaggi. Sentivo serpeggiare l’ironia in ogni rigo, notavo che lo spirito di attenta osservazione per cogliere il lato comico delle cose e degli avvenimenti vi era profuso, mi convincevo che, insomma, l’arte di un umorista nato era usata con quella perizia che ha reso celebre, e cito un solo esempio, il nome di Mark Twain.

Ma con ciò non ho voluto far paragoni, poiché non è mia abitudine: intendo solo sottolineare che c’è in Filippo Petroselli l’essenza di un grande umorista e ritengo che altri lo abbiano riconosciuto prima di me. Tuttavia rimane il fatto che per me Petroselli è stato una rivelazione, poiché non avevo avuto la fortuna di leggere i suoi romanzi e le sue novelle, conoscevo di lui ben poco.

“Nella caricatura vi è spesso maggior verità che in una fotografia” asseriva Mantegazza; ma umoristi, come poeti, si nasce, non si diventa. Se non si possiede quel naturale istinto per discernere quel che di comico c’è anche nelle cose tragiche o viceversa, non si riuscirà mai ad aver successo in questa che è fra le più difficili espressioni dell’arte. 

Suscitare il pianto, la commiserazione, la partecipazione al dolore, lo sgomento, il dubbio, l’amore o l’odio, nel cuore del lettore è compito più facile che quello di testarne il riso, vale a dire portare l’animo umano, nella maggior parte degli uomini permeato di scontento, di malinconia, di rimpianto delle cose passate, di dolore, di delusioni, di desideri insoddisfatti, a quel distensivo stato di euforia che il riso provoca e che è come una valvola di sicurezza che scatta per sgravarci di tutto o di parte del peso dei nostri pensieri grigi o neri, di quel che costituisce il bagaglio delle nostre preoccupazioni o dei nostri ricordi, così come una folata di vento improvvisa spazza per un istante il cielo carico di nubi e fa apparire all’orizzonte una luce di speranza.

Guai se gli uomini non ridessero.

Che sarebbe il mondo se dovessero scomparire per sempre tutti gli umoristi e le opere di quelli che lo furono andar distrutte? Un cimitero.

Filippo Petroselli è dunque nella schiera di coloro che chiamerei artisti benefattori dell’intera umanità ed ha elargito, a piene mani, quei tesori di spirito e di intelligenza di cui Dio ha fatto ricchi la sua mente ed il suo cuore. 

L’azione dei suoi racconti, che si svolge quasi sempre nel ristretto ambiente della provincia, anzi di una determinata zona della nostra bella Italia, in quella ch’è chiamata “terra Cimina”, teneramente amata dal suo illustre figlio e da lui decantata e descritta in tutti gli angoli più suggestivi, nelle città, nei paesi e nelle borgate, nelle campagne ubertose e nei colli ameni, negli abitanti e nel “folklore” caratteristico, ha tuttavia un respiro universale, che supera i confini della regione. Si tratti di storie o di favole ispirate dalla tradizione popolare, o di fatti realmente accaduti, oppure di prodotti della fantasia, la “verve” dell’autore sa ricavarne gioielli di narrativa di sano contenuto e di comicità insuperabile.

Ed i personaggi che si muovono non sono marionette tirate dal filo del burattinaio, pupazzi senza vita e senza volontà; ma uomini vivi, motteggiati e motteggiatori, figure che balzano dalle pagine, sotto il magico tocco della penna dello scrittore, e vivi rimangono nella mente del lettore, indimenticabili come i personaggi comici del Manzoni, del Dickens, di Cervantes.

Chi potrà dimenticare la fantomatica figura di “Cencio”, il pazzo del racconto “Il ragano”, o quella burlesca di “Ippolito”, nella novella “I ferlenghi”, la “timida maestrina” dell’episodio “Il pranzo”, i “due balbuzienti” nello scherzo “I due pappagalli”, “Fluà”, il ciabattino di “Tremenda vendetta”? E “Remigio” ed il suo padrone de “Il colpo di vento”; “Cernicchi”, il segretario comunale di “Eccola!”; “Biratti”, anche lui segretario di un piccolo comune, in “Il signor Sì”; “Titta”, protagonista del racconto dall’istesso titolo; “il medico” di “La partenza” ed il furbo “pizzicagnolo” e l’ancor più furbo “avvocato” de “Il furto?” […]