Giudizi critici su “Ruzzante ” (seconda edizione ampliata e aggiornata) da PRO OMNIA

Quanto è stato scritto sull’opera letteraria di Filippo Petroselli a cura di Alessandro Vismara

“Dopo aver curato personalmente con amore e passione l’OPERA OMNIA dello scrittore Filippo Petroselli, in tre volumi in ottavo di complessive pagine 1340, è con vivo piacere che presento questo volume. È nato nel lontano 1910 quando il grande letterato Guido Mazzoni con brevi parole che sanno di profezia: «Vi è genio e fantasia» giudicò il primo lavoro letterario di Filippo Petroselli, allora studente. Mi auguro che questa raccolta di giudizi sia gradita ad ogni lettore e soprattutto a chi ama approfondire lo studio sulle opere di questo illustre Autore”. 

Alessandro Vismara

1958 (2° ed.)


  • Antonio Pippo Cifarelli in IL FAUNO, QUINDICINALE LETTERARIO, ARTISTICO, ECONOMICO                                                    1958                RICERCA IN CORSO

Biblioteca centrale della Regione siciliana Alberto Bombace – Palermo (PA) – +39 0917017601 – bcrs@regione.sicilia.it                                                                                                                                                

  • (Lettera?)                    maggio 1958                           RICERCA IN CORSO

“Inesauribile virtù creativa e luminosa freschezza di fantasia”

Filippo Addis, Sassari 

  • (Lettera?)                            (maggio 1958)                           RICERCA IN CORSO

“Le pagine di questo libro sono scritte spesso in una prosa che è poesia. Ruzzante è re in tutti i sensi”.

Giulio Dolci, Roma

  • (Lettera?)                 dicembre 1958                       RICERCA IN CORSO

“Ogni pagina è poesia che prende e commuove …” (lettera?)

Carla Porta Musa (Como, 15 marzo 1902 – Como, 10 ottobre 2012) scrittrice, saggista, poetessa 

  • (Lettera?)                                    1958                            RICERCA IN CORSO

“Adoro tutta la poesia, tutto il verismo, tutte le melodie di Ruzzante …” (Lettera?)

Axel Boethius, Roma Archeologo e storico svedese (Arvika 1889 – Roma 1969); prof. di storia antica all’univ. di Göteborg (1934-55), fu il primo direttore dell’Istituto archeologico svedese di Roma (1925-36) e diresse gli scavi di Ardea e di San Giovenale. Autore di una Storia di Roma (1932-36) e di varie opere tra cui The Golden House of Nero (1960), Architecture in Italy before the Roman Empire (postumo, 1970), contribuì notevolmente in Svezia alla conoscenza della cultura italiana. Socio straniero dei Lincei (1947) (da Treccani)

  • (Lettera?)                         1958                            RICERCA IN CORSO

“Ruzzante è e rimarrà un capolavoro dell’arte inventiva e rappresentativa quale in Italia non era stato ancora tentato …”.

Benedetto Brugioni, Firenze

  • Annali Ravasini. Rassegna di medicina, scienze affini, cronaca e notizie varie, Roma                                                        1958                                         RICERCA IN CORSO

“Una vis comica che scoppietta in ogni pagina dell’esilarante ciucheide portandoci qualche volta allegramente con la sua esuberante vena umoristica in scene di falsa. Piace soprattutto ascoltare il concerto delle armoniose voci della natura che accompagnano ogni episodio…”.

A. Carrelli

  • (Lettera?) (1958)                           RICERCA IN CORSO

“… toute ma fidèle et admirative sympathie”

Armand Godoy (L’Avana, 1880 – Parigi, 1964), Leysin (Svizzera) 

  •  (Lettera?)                                      (1958)                           RICERCA IN CORSO

“Ruzzante a enormement de charme …”

Michel Pillot, Parigi

  • GIOIA, Milano                             (gennaio 1958)                          RICERCA IN CORSO

“Agile, svelto, brioso, ricco di stupefacenti e divertenti scoperte: ecco Ruzzante. Bontà, malizia, ingenuità ed astuzia, assennatezza e stoltezza, discrezione e pettegolezzo si intrecciano in un variopinto caleidoscopio, tutti i sentimenti umani vengono a galla. Né manca, in questa specie di suggestiva favola, immersa nella realtà quotidiana, una nota di poesia, lieve poesia delle piccole cose, dei limpidi paesaggi campestri, né, infine, manca una costruttiva parola di buon senso. Ed il garbato umorismo, l’ottimismo sereno e sorridente, che pervadono tutto il romanzo, gli danno un potere distensivo che non è facile trovare nei libri moderni…”.

1958 (2° ed.)


  • Il tempo – Roma                                       (febbraio 1958)           RICERCA IN CORSO

(La visualizzazione integrale è disponibile solo dalle postazioni riservate all’interno della Biblioteca Nazionale Centrale, Roma)

“Un’arte ricca di vibrazioni e di accenti che si eleva sempre più in alto ed ogni pagina nata da quest’arte è al tempo stesso ariosa e profonda, immaginosa e umana. Ruzzante è l’espressione più completa, più armoniosa di quest’arte…”.

  • Momento Sera, Roma              (aprile 1958)      RICERCA IN CORSO

“Si fondono in queste pagine il serio ed il faceto, l’idilliaco e il melanconico, e le stagioni con il vario incanto inondano tutto di luce e di poesia”.

Raffaello Biordi

VEDI: Raffaello Biordi, La poesia del silenzio, Fratelli Palombi 1959

 Biblioteca Consorziale di Viterbo, Inventario ARD 318938, Collocazione ARD  8 A 358

  • ITALIA CHE SCRIVE – RASSEGNA CRITICO BIBLIOGRAFICA PER L’ITALIA CHE LEGGE fondata da A. F. Fomiggini dicembre 1958            RICERCA IN CORSO

“Ruzzante si legge volentieri per il suo tono brioso che s’imprime nella memoria proprio per la fresca lezione di buon senso …”.

Paolo Padovani

  • Avvenire       (giovedì 29 maggio 1958)

Narrativa di Filippo Petroselli  

Oggi dobbiamo riparlare di Filippo Petroselli, dopo il suo recente libro di “Versi e prose” che sta raccogliendo buone messe di lettori e di consensi da parte della critica. E proprio, questa volta, Petroselli torna alla ribalta per un fatto singolare nell’esistenza di uno scrittore.

Sono trascorsi venticinque anni dalla prima edizione del suo romanzo “Ruzzante”, e adesso con la sua ristampa, presso la Casa Marzocco di Firenze, si può ben dire che l’autore celebra le nozze d’oro con la narrativa. Anzi, dovremmo precisare che il libro ha quasi trenta anni di vita, perché dormì parecchio nel cassetto dello scrittore, prima di poter vedere la luce. In compenso, segnò subito un autentico successo, perché nel romanzo reputiamo pur oggi, dopo gli altri libri narrativi di Petroselli, siano concentrate e si manifestino le qualità più significative di lui.

Ricordiamo che di questo romanzo in particolare diedero entusiastici giudizi critici illustri, come Francesco Aquilanti, G.A. Cesareo, Ercole Rivalta, Attilio Momigliano, mentre pure all’estero i consensi non si fecero attendere, quali quelli di Lucien Leluc e Fernand Brisset.

Il Cesareo, per esempio, definiva il romanzo “scintillante di schietto umorismo, in uno stile, preciso e fresco”; il Rivalta diceva che “nella narrazione sono pagine assolutamente magistrali”; e il Leluc si deliziava col “famoso Ruzzante”, e il Brisset lo scorgeva “una opera profondamente originale”.

È da sapere che “Ruzzante” non ha niente a che vedere col cinquecentesco commediografo patavino. Egli è, invece, un bello e terribile somaro in carne e ossa, che ne combina di tutte le qualità per la delizia e la croce de’ suoi legittimi padroni e del pubblico paesano. 

Asino, dunque, pieno di sangue troppo caldo e troppo carico; asino che ha delle virtù innate e, col suo agire incomposto, ci insegna tante cose fornite di una filosofia spicciola e pur così veritiera.

Inutile seguire le vicende comiche di questo quadrupede che sembra commetterne una per progettarne subito un’altra, tanto che gli stessi suoi padroni, il sor Biagio e il contadino Gianmeco, si son fissi in testa che egli indovini i loro pensieri e si regoli in conformità. Questa specie di osmosi psichica – chiamiamola così – diventa il tormento, lo spauracchio, l’ossessione dei due buoni villici, i quali sono trascinati di avventura in avventura quasi senza poter reagire, come per una sorte. Sta qui, crediamo, il nucleo più certo e compiuto dello spirito che informa il romanzo, il quale, altrimenti, apparirebbe soltanto una comune narrazione di episodi più o meno burleschi.

            E lo spirito dello scrittore si diffonde con agilità in tutte le pagine, sia che Ruzzante insegua e disperda alcune ragazzette moderne che si bistrano goffamente gli occhi e i visi, sia che faccia scappare col solo suo sguardo di fuoco tutta una folla accorsa per ammirare in lui unicamente la creatura indiavolata, sia che mandi alla malora la cerimonia dell’inaugurazione di un banale monumento ruinando sulla malinconica e retorica oratrice e strappando il pizzo della barba alla statua, sia che metta in serio pericolo un formidabile domatore di leoni tra l’ilarità e gli applausi di tutta una piazza, oppure strappi un telone di cinematografo, ancora su una piazza, dove si stanno proiettando scene e figure contrarie al suo stesso buonsenso di  … somaro.

            Alla fine, bisogna convenire che Ruzzante ha dei numeri, che è un asino tipico, erigendosi a dominatore e giustiziere di fronte alle miserie umane.

            Satira fine e briosa è in questo libro, scritto con chiarezza e semplicità che attraggono dal principio alla fine. Quando poi Petroselli può dedicarsi anche a un brano descrittivo, egli è tutto gioioso.

            Anche le figure o, meglio, le macchiette dei protagonisti sono delineate sobriamente, e balzan fuori con caratteristiche psicologiche che interessano.

            “Ruzzante” è, dunque, un libro pensato e pur ridevole, che ci fa trascorrere qualche buona ora. A noi piace collocarlo tra i non molti buoni lavori d’umorismo veramente italiano, usciti in questi ultimi tempi.

            Al senso della realtà delle creature e del mondo, in cui vivono e operano, si fonde armoniosamente lo scopo etico e formativo, mentre anche l’anelito a trascendere la contingenza, per conquistare talune assolutezze dello spirito, appare un po’ dovunque, determinando una atmosfera di schietta e talora raffinata sensibilità in accordo con certe tramature allusive, che testimoniano, pur se fossero da sole, della capacità e della serietà dello scrittore.

            Originalità e vitalità in questo tipico romanzo del vivacissimo Ruzzante.

            Al quale sono stati aggiunti, nella presente edizione rinnovellata, due capitoli (“Il lenzuolo del diavolo” e “Rondò”), entrambi all’altezza con le altre pagine per la loro spigliata ed elegante scrittura.

            Clara Del Vecchio, nel 1936, lesse all’ “Associazione letteraria e scientifica” di Genovanota un suo saggio critico sul Ruzzante di Petroselli, additandolo quale proficua e dilettevole lettura per la gioventù.

            Siamo concordi, come allora, nella conclusione della Del Vecchio: “… il libro dovrà essere il più degno di stare vivo nel cuore della gioventù italiana che dai banchi della scuola porta in tutta la vita quel che di più bello le si è fatto conoscere ed amare”.

            Occorre ricordare che Petroselli, narratore cattolico, è docente universitario di neuropsichiatria. Egli, per ciò, continua la bella tradizione dei medici letterati, i quali fanno onore così alla scienza e alla professione come alle lettere. Tali fisionomie di scrittori esistono in Italia, ma diremmo che all’estero si presentano ancor più accentuate, quali Axel Munthe Carossa e Cronin.

            Ebbene, l’arte di Petroselli merita tutta la nostra considerazione, come altra volta s’è detto, allorché riepilogammo gli altri suoi romanzi e le raccolte di novelle, da “La via” (1910), che segnò l’inizio dello scrittore, a “L’ampolla della gioventù” (1922), all’ormai celebre “Ruzzante”, a “Il sole malato” (1936), a “Il fabbro meraviglioso” (1937).

            Una sosta di parecchi anni e poi il “Primo tempo” – così come lo definisce lo scrittore – delle novelle umoristiche “Allegro ma non troppo” (1950); nello stesso anno i racconti “Avventure di plenilunio”, e il “Secondo tempo” di “Allegro ma non troppo” (1953), fino a “Il carosello del tempo” (1955).

            Un complesso che s’impone e determina una personalità di scrittore di primo piano. Tutta l’opera di Petroselli è contrassegnata da una purezza d’intelletto e di cuore, che si rende inconfondibile, specie nel mondo odierno in cui il materialismo cercherebbe di predominare. 

Armando Zamboni

Nota    ARTE e Scienza, Rivista mensile di LETTERE, SCIENZE ED ARTE, ASSOCIAZIONE LETTERARIO SCIENTIFICA “CRISTOFORO COLOMBO”, Genova (da verificare)

  • Il foglietto, cronaca settimanale Foggia (giugno 1958)      RICERCA IN CORSO

“Resta interamente valido il giudizio di Ettore Janni il quale scriveva: «fra i medici che scrivono non sappiamo quale fra noi possegga qualità pari alle sue di narratore; e, fra i non medici, quale sappia con più sicuri tocchi più direttamente ed efficacemente descrivere un aspetto di paese, il carattere di un’ora fra cielo e terra, l’espressione nel volto e nei gesti di un movimento d’animo».

Arte vera: crea personaggi che sentiamo dotati di un cuore. Si fondono in queste pagine il serio ed il faceto, l’idilliaco e il melanconico e le stagioni con il vario loro incanto inondano tutto di luce e di poesia, ed il creato spiega il suo pieno canto, emana il suo incomparabile incanto …”.

Raffaello Biordi

  • CORRIERE LETTERARIO, Supplemento Corriere della Sera  (giugno 1958)                RICERCA IN CORSO
  • “E’ un’arte difficile appunto perché è arte; ma Filippo Petroselli si accinge ad operare il miracolo con mano di maestro, con pensiero magico, con anima innamorata ed entusiasta, con ingegno fervido ed alacre. Ha mano di scultore, anima di artista, cuore pieno di fede, ingegno illuminato, tavolozza ricca, emotività fine. La sua efficacia narrativa ha limiti di quadratura scenica e potenzialità drammatica invidiabili”.

DOMENICO COSTANTINO ((nato 1897, Poeta, critico letterario e giornalista. Fondatore e direttore del “Corriere Siciliano”. Nato a Linguaglossa, Catania)

  • Nuova Scintilla, Chioggia                (giugno 1958)               RICERCA IN CORSO

“Si tratta veramente di un bel libro, scritto in bell’italiano, vivace, divertente …”

C.L.

  • Scuola Nostra, Napoli                             (giugno 1958)                RICERCA IN CORSO

“Un mondo vibrante di umano calore, vivo e cordiale e dove un naturale e vivido umorismo libera dagli schemi tradizionali cose e creature…”.

  • GAZZETTA DI REGGIO, Reggio Emilia (24 luglio 1958) 

Ruzzante di Filippo Petroselli (Marzocco – Firenze)

“Veramente è un libro anche per adulti, ma siccome anche lui è frizzante di buon umore, crediamo sia utile consigliarlo per le vacanze dei nostri ragazzi. 

Ruzzante è un ciuchino marzolino, dal codino corto e spelato, e una macchia bianca su uno zoccolo, il quale ciuchino se ne sta sempre quieto e silenzioso finché il suo padrone non si permetta il lusso di pensare, che altrimenti il ciuchino, come può interpreta il pensiero del padrone e … combina guai, molto esilaranti; ma anche molto disastrevoli. Il quadro d’ambiente è molto ampio, colorito, suggestivo e il libro è scritto in un bello italiano, vivace, divertente. Il racconto è alla sua seconda edizione, e nuove avventure si sono aggiunte alle prime; sempre nello stile proprio del Petroselli”.

Raffaello Biordi

  • IL GIORNALE DI BRESCIA         (luglio 1958)                              RICERCA IN CORSO

“Le descrizioni non hanno nulla di falso, di trito, di retorico: si avverte subito della nitida e lucente prosa il timbro della sonorità originale, il bagliore della visione schietta, il brio l’osservazione e del1’ impressione diretta. Ruzzante è un capolavoro in miniatura di umorismo e di umanità …”

  • LE TRE VENEZIE, RIVISTA D’UMANITÀ LETTERE ED ARTI Padova (già Tagliacarte)                                                                                                   (Luglio 1958)  RICERCA IN CORSO

“Suggestivo quadro agreste, popolato di caratteristiche figure, di tipi buffi ritratti con efficaci segni”.

https://www.vieusseux.it/biblio/biblioteca_macri/assets/sezioni/periodiciitaliani.html

Biblioteca di Trento, Catalogo dei periodici Microfilmati

  •  Gli Oratori del giorno                  (agosto 1958)    

“È la nuova ristampa, a cura della casa Marzocco, del volume che dette al Petroselli risonanza nazionale nel campo delle lettere. Petroselli, libero docente di neuropsichiatria all’Università di Roma, è anche fra i più robusti prosatori del nostro tempo. La sua narrativa fluida, il suo estro lirico e insieme parodistico, il suo stile terzo e proprio si riflettono compiutamente in queste pagine dove Ruzzante, che è poi un somaro strano e fantastico, contratta con gli uomini e fa il guastafeste. La ristampa è accresciuta; e Ruzzante, sempre più vispo, spalanca ‘fuor di misura per un gran raglio la bocca’ come se voglia ‘mangiare una bella fetta di cielo’. Vi invitiamo a leggere le prodezze di Ruzzante”.

  • L’OSSERVATORE LEGALE, Palermo   (agosto 1958)                 RICERCA IN CORSO

Risus quoque vitast . . . se è vero che il riso è vita, quello suscitato dalla lettura di Ruzzante è vita sana, schietta, giovanile. Ruzzante non è solo il suo (intendi dell’autore) capolavoro, ma un vero capolavoro. Non esitiamo ad affermare che dal grande Lombardo ad oggi nulla incontriamo fra noi che possa essergli paragonato …”.

  • TRIBUNA ETNEA, Palermo                     (agosto 1958)                 RICERCA IN CORSO

“Avvertiamo nello spirito dell’artista una realtà fantastica solidissima, netta, di per se stessa eloquente, che parla la sua voce precisa, sgombra da qualsiasi elemento eterogeneo, col solo fine di mostrare la vita e l’ambiente con motivi e sfumature che lo humor fresco e zampillante colora di gai rivestimenti morali: con epico fervore e brillantissima vena, con periodo aureo e lucido, come il bronzo di un intarsio greco”.

  • Voce di Calabria                                          (agosto 1958)                 RICERCA IN CORSO

“C’è un sorriso delizioso e disinteressato dell’artefice che sorride alla vita con animo sgombro di pena, virile e vigile nel suo pathos. E la vicenda di Ruzzante ne riceve splendore e calore; efficace lirica …”.

  • Espresso Sera, Catania              (settembre 1958)           RICERCA IN CORSO

“L’autore di Ruzzante si deve avvicinare ai migliori narratori di ogni tempo. Stile disinvolto, incisivo e pittoresco il petroselli usa la lingua italiana con magistrale perizia. …”.

  • La SERPE, Milano                           (settembre 1958)

      http://www.mediciscrittori.it/redazione/

F. PETROSELLI Ruzzante (ristampa) Firenze, Marzocco, 1958.

Quando si è letto Ruzzante di Petroselli e se ne vuol parlare, non è facile scegliere ‘il punto ove cogliere il giudizio di lettore o di critico, anche perché non si sa a chi presentare il libro. Ai piccini? Ed allora bisognerà far perno su Ruzzante (l’asinello). Ai grandi? In tal caso bisognerà inserirsi nei discorsi seri e faceti del Sediaro e Gianmeco in giro col vecchio bagaro attraverso il viterbese fra valli, poggi, alture, per strade e stradine che si avvoltolano fra i castagneti, fra fiere e feste, a ragionar fra loro e con il prossimo. A noi dell’A.M.S.I.? Dovremmo dire allora di Filippo Petroselli.

Non è molto frequente incontrarsi oggigiorno in un prosatore e poeta di delicata e forte fantasia, che al giuoco della intelligenza viva annodi una sensibilità spirituale tale da fare scaturire opere di una forza espressiva tanto meditata e profonda da riuscire a convincerci della lode che a quelle è dovuta. Non è a dire: Petroselli lavora con passione d’artista, però senza abissi da colmare, senza atteggiamenti di travaglio, semplicemente, col suo temperamento istintivo, caloroso di immagini attinte alla grandezza del cielo, alla grandezza dell’anima. E in queste due grandezze c’è un fervore di intuizione e di pensiero così vario e molteplice da arricchire in noi il diletto di quelle incisioni di cui spesso si avvale per fermare i nostri occhi e la nostra mente su un vocabolo, anzi una serie di vocaboli, una frase, di sì vario colore come tanti piccoli quadretti di una esposizione. Di là, perché tutto è limpido e convincente nelle sue opere, come la sua personalità di medico e scrittore, affatto

complessa, senza gravami, sempre temperata in un equilibrio di « uomini nostri », il cui valore si afferma sempre più nella vita e nell’arte.

Nel Ruzzante, libro per piccini, per grandi e per noi, ci si ritrova nel paesaggio famigliare di Petroselli, ricostruito punto per punto per l’efficacia della narrazione, e nel clima lirico consueto di questo sensibile narratore. Qui egli ci fa godere i suoi paesini freschi di aria montana, ci fa conversare, in un’atmosfera di fine e pacato umorismo, con i suoi protagonisti di cui ci fa conoscere pregi e difetti, ci rappresenta le più impensate situazioni in cui si coinvolgono l’asinello e i suoi padroni; ed infine ci fa partecipare, con le sue riflessioni, alla maturità del suo pensiero di seria e buona ispirazione che si allarga e scorre leggero attraverso una prosa tutta piena di significato sul filo sottile del suo fiorito linguaggio. Leggendo questo libro si estrae ancora l’essenza della buona

Civiltà, quella che non vuol morire, e che forse per questo si rifugia al di là delle città, a cercare il senso riposto della vita: l’amore delle cose semplici, che ha sempre il pregio dell’oro sepolto.

GAETANO VACCA

SCHEDA AMSI

L’AMSI, è nata da un’idea del chirurgo Dogliotti di Torino; realizzata dallo stomatologo Nello Falomo, alla fine del 1951. Ne fecero parte una dozzina o poco più di grandi uomini, medici e scrittori eccelsi: Spallicci, Cherubini, Contini, Ferrari, Clades, Denti di Pirajno, Tumiati, Maccioni. Accanto a questi ben presto si schierarono: Levi, Tobino, Mesirca, Bonaviri, Winspeare, e ancora Ferrario, Bronda, Tedeschi, Rosanigo.
Nel 1952 esce il primo numero de “La Serpe”, ideata, creata, diretta da Corrado Tumiati, noto psichiatra e Premio Viareggio per la letteratura 1936 con il libro “I TETTI ROSSI”. Scopo dell’associazione è quello di far conoscere gli scrittori medici italiani, contribuire alla diffusione delle loro opere…

Corrispondenza Rosa Rossi – Carlo Cappelli, direttore di LA SERPE

Gentili signori, sto facendo una ricerca su un romanzo di Filippo Petroselli (1886-1975) pubblicato nel 1934 (Bemporad) e nel 1958 (Marzocco), “Ruzzante”. Filippo Petroselli era mio nonno e, in collaborazione con la Biblioteca Consorziale di Viterbo, sto cercando di recuperarne la memoria. Nel numero di settembre 1958 la vostra rivista ha pubblicato una recensione a firma Gaetano Vacca di cui ho solo uno stralcio in un volumetto realizzato da Alessandro Vismara nel 1972 in modo piuttosto approssimativo. Vi sarei grata se mi poteste fornire la pagina della rivista in questione in formato digitale o anche semplicemente la spiegazione di come accedere al formato digitale se c’è questa possibilità. Vi ringrazio moltissimo e rimango in attesa di una vostra cortese risposta 

Rosa Rossi

inviata 23 novembre 1922

Gentile Signora Rossi, con molto ritardo riesco a farle pervenire una copia in formato pdf della pagina 191 della rivista dei medici-scrittori “La Serpe” (settembre 1958) a firma G. V. (Gaetano Vacca, curatore della rubrica ‘Libri Nostri’). L’allego alla presente. Sarà gradito un cenno di riscontro. Cordiali saluti

Carlo Cappelli, direttore editoriale de La Serpe <carlocap39@gmail.com>

Opera di          Gaetano Vacca, Tappa a Karkow. Quaderno di Russia (settembre 1942 – febbraio 1943), Gruppo Albatros 2019 

Bibliografia:    Michele Giorgio, Gaetano Vacca. Medico scrittore, Adda 2020 

  • La Libertà – settimanale sociale reggiano, Reggio Emilia  (19 luglio 1958)

Un romanzo di Filippo Petroselli

Ruzzante: un asino tipico

Si tratta di un libro di proficua e dilettevole lettura per la gioventù che merita di essere fatto conoscere a cura di Armando Zamboni

Oggi dobbiamo riparlare di Filippo Petroselli, dopo il suo recente libro di “Versi e prose” che sta raccogliendo buone messe di lettori e di consensi da parte della critica. E proprio, questa volta, Petroselli torna alla ribalta per un fatto singolare nell’esistenza di uno scrittore.

Sono trascorsi venticinque anni dalla prima edizione del suo romanzo “Ruzzante”, e adesso con la sua ristampa, presso la Casa Marzocco di Firenze, si può ben dire che l’autore celebra le nozze d’oro con la narrativa. Anzi, dovremmo precisare che il libro ha quasi trenta anni di vita, perché dormì parecchio nel cassetto dello scrittore, prima di poter vedere la luce. In compenso, segnò subito un autentico successo, perché nel romanzo reputiamo pur oggi, dopo gli altri libri narrativi di Petroselli, siano concentrate e si manifestino le qualità più significative di lui.

Ricordiamo che di questo romanzo in particolare diedero entusiastici giudizi critici illustri, come Francesco Aquilanti, G.A. Cesareo, Ercole Rivalta, Attilio Momigliano, mentre pure all’estero i consensi non si fecero attendere, quali quelli di Lucien Leluc e Fernand Brisset.

Il Cesareo, per esempio, definiva il romanzo “scintillante di schietto umorismo, in uno stile, preciso e fresco”; il Rivalta diceva che “nella narrazione sono pagine assolutamente magistrali”; e il Leluc si deliziava col “famoso Ruzzante”, e il Brisset lo scorgeva “una opera profondamente originale”.

È da sapere che “Ruzzante” non ha niente a che vedere col cinquecentesco commediografo patavino. Egli è, invece, un bello e terribile somaro in carne e ossa, che ne combina di tutte le qualità per la delizia e la croce de’ suoi legittimi padroni e del pubblico paesano. 

Asino, dunque, pieno di sangue troppo caldo e troppo carico; asino che ha delle virtù innate e, col suo agire incomposto, ci insegna tante cose fornite di una filosofia spicciola e pur così veritiera.

Inutile seguire le vicende comiche di questo quadrupede che sembra commetterne una per progettarne subito un’altra, tanto che gli stessi suoi padroni, il sor Biagio e il contadino Gianmeco, si son fissi in testa che egli indovini i loro pensieri e si regoli in conformità. Questa specie di osmosi psichica – chiamiamola così – diventa il tormento, lo spauracchio, l’ossessione dei due buoni villici, i quali sono trascinati di avventura in avventura quasi senza poter reagire, come per una sorte. Sta qui, crediamo, il nucleo più certo e compiuto dello spirito che informa il romanzo, il quale, altrimenti, apparirebbe soltanto una comune narrazione di episodi più o meno burleschi.

            E lo spirito dello scrittore si diffonde con agilità in tutte le pagine, sia che Ruzzante insegua e disperda alcune ragazzette moderne che si bistrano goffamente gli occhi e i visi, sia che faccia scappare col solo suo sguardo di fuoco tutta una folla accorsa per ammirare in lui unicamente la creatura indiavolata, sia che mandi alla malora la cerimonia dell’inaugurazione di un banale monumento ruinando sulla malinconica e retorica oratrice e strappando il pizzo della barba alla statua, sia che metta in serio pericolo un formidabile domatore di leoni tra l’ilarità e gli applausi di tutta una piazza, oppure strappi un telone di cinematografo, ancora su una piazza, dove si stanno proiettando scene e figure contrarie al suo stesso buonsenso di  … somaro.

            Alla fine, bisogna convenire che Ruzzante ha dei numeri, che è un asino tipico, erigendosi a dominatore e giustiziere di fronte alle miserie umane.

            Satira fine e briosa è in questo libro, scritto con chiarezza e semplicità che attraggono dal principio alla fine. Quando poi Petroselli può dedicarsi anche a un brano descrittivo, egli è tutto gioioso.

Ecco: “era una di quelle mattine di primo marzo, assai malate di irrequietezza, quasi pazze. Il barbuto e canuto inverno tentava, ogni tanto, stringere ancora a sé la dolce primavera che se la divertiva, ridendo nel suo andirivieni sull’altalena. Qua e là finestroni di cielo turchino tra cornici e colonne cinerine; sopra monti e colli, alte montagne di nuvole bianche, soffici sfumanti in silenzio. Giù, verso il mare, un velame turchiniccio, stracciato ogni tanto da saette di oro, o brontolante di tuono. Ora ombra, ora sole. Nelle sue occhiate rapide la campagna abbarbaglia nel verde tenero: si lucidano i granai, le gemme si scaldano e guardano stupite, guizzan le rondini garrendo con gioia più viva … Ma subito il sole si pente, cala la palpebra arcigna ed il breve sorriso della campagna si spegne. Essa si aggronda nel lutto improvviso; e taccion le rondini timorose sotto uno schianto di tuono, mentre volita qualche foglia secca al fiato freddo che soffoca i gorgheggi ancor sommessi degli uccelli”.

            Anche le figure o, meglio, le macchiette dei protagonisti sono delineate sobriamente, e balzan fuori con caratteristiche psicologiche che interessano.

            “Ruzzante” è, dunque, un libro pensato e pur ridevole, che ci fa trascorrere qualche buona ora. A noi piace collocarlo tra i non molti buoni lavori d’umorismo veramente italiano, usciti in questi ultimi tempi.

            Al senso della realtà delle creature e del mondo, in cui vivono e operano, si fonde armoniosamente lo scopo etico e formativo, mentre anche l’anelito a trascendere la contingenza, per conquistare talune assolutezze dello spirito, appare un po’ dovunque, determinando una atmosfera di schietta e talora raffinata sensibilità in accordo con certe tramature allusive, che testimoniano, pur se fossero da sole, della capacità e della serietà dello scrittore.

Ma si potrebbero citare parecchi brani del romanzo, parecchi episodi, a persuaderci di quanto s’è detto. Ad esempio: l’incontro commovente di Ruzzante con la madre morente (nel capitolo “Agonie e fanfara di libertà”), oppure la scena del signor Domatore (nel capitolo omonimo), e anche l’epilogo, quando Ruzzante vede il padrone che se ne va: “come lo vide andarsene, Ruzzante volse il capo superbo al casale. Quindi come inebriato dall’odore di arrosto, vino e ciambelle, si piantò saldo sulle quattro zampe e, spalancata fuor di misura per un gran raglio la bocca, sembrò volersi mangiare una bella fetta di cielo”.

Originalità e vitalità in questo tipico romanzo del vivacissimo quadrupede Ruzzante.

            Al quale sono stati aggiunti, nella presente edizione rinnovellata, due capitoli (“Il lenzuolo del diavolo” e “Rondò”), entrambi all’altezza con le altre pagine per la loro spigliata ed elegante scrittura.

            Clara Del Vecchio, nel 1936, lesse all’ “Associazione letteraria e scientifica” di Genova un suo saggio critico sul Ruzzante di Petroselli, additandolo quale proficua e dilettevole lettura per la gioventù.

            Siamo concordi, come allora, nella conclusione della Del Vecchio: “… il libro dovrà essere il più degno di stare vivo nel cuore della gioventù italiana che dai banchi della scuola porta in tutta la vita quel che di più bello le si è fatto conoscere ed amare”.

            Occorre ricordare che Petroselli, narratore cattolico, è docente universitario di neuropsichiatria. Egli, per ciò, continua la bella tradizione dei medici letterati, i quali fanno onore così alla scienza e alla professione come alle lettere. Tali fisionomie di scrittori esistono in Italia, ma diremmo che all’estero si presentano ancor più accentuate, quali Axel Munthe Carossa e Cronin.

            Ebbene, l’arte di Petroselli merita tutta la nostra considerazione, come altra volta s’è detto, allorché riepilogammo gli altri suoi romanzi e le raccolte di novelle, da “La via” (1910), che segnò l’inizio dello scrittore, a “L’ampolla della gioventù” (1922), all’ormai celebre “Ruzzante”, a “Il sole malato” (1936), a “Il fabbro meraviglioso” (1937).

            Una sosta di parecchi anni e poi il “Primo tempo” – così come lo definisce lo scrittore – delle novelle umoristiche “Allegro ma non troppo” (1950); nello stesso anno i racconti “Avventure di plenilunio”, e il “Secondo tempo” di “Allegro ma non troppo” (1953), fino a “Il carosello del tempo” (1955).

            Un complesso che s’impone e determina una personalità di scrittore di primo piano. Tutta l’opera di Petroselli è contrassegnata da una purezza d’intelletto e di cuore, che si rende inconfondibile, specie nel mondo odierno in cui il materialismo cercherebbe di predominare. 

Armando Zamboni 

  • Giornale di Brescia, La settimana in libreria (4 luglio 1958)

Ruzzante, Bemporad 1958

Filippo Petroselli è uno dei più dotati e fecondi medici-scrittori d’Italia. Il giudizio che di lui dette, anni fa, un critico notoriamente severo, Ettore Janni, recensendo i primi libri, nulla ha perduto della sua validità: “Fra i medici che scrivono non sappiamo quale fra noi possegga qualità pari alle sue di narratore; e, fra medici e non medici, quale sappia con più sicuri tocchi più direttamente ed efficacemente descrivere un aspetto di paese, il carattere di un’ora fra cielo e terra, l’espressione nel volto e nei gesti di un movimento d’animo”.

Ripensavamo a questo autorevole giudizio rileggendo Ruzzante che rielaborato profondamente ed accresciuto di nuovi capitoli, che è quanto dir di nuove divertentissime avventure, è stato in questi giorni ristampato in bella veste dalla fiorentina Casa Marzocco. Nella sua incorrotta freschezza questo piacevolissimo libro dimostra la sua gagliarda vitalità il suo sano respiro.

Protagonista del romanzo è Ruzzante, un brioso ciuchino cui tocca fare molte esperienze, anche amare, attraverso molte peripezie, dopo essere venuto al mondo circondato da prevenzioni e antipatie a causa di qualche difettuccio fisico. Ruzzante offre modo all’autore di cogliere, tra paesi e città, nella vita di ogni giorno e nella gaiezza delle festività, scene oltremodo gustose e tipi e macchiette di cui sono approfonditi umanità e carattere, debolezze e manie, difetti e virtù con una finezza psicologica veramente non comune. Tutti i personaggi del romanzo che fanno corona a Ruzzante sono ritratti a sfondo degli scenari che sono intimamente partecipi delle loro esistenze: uomini e bestie i protagonisti; sfondo, cornice e coro la natura.

La fusione felice ed equilibrata del comico col serio, dell’idilliaco col melanconico, la sintonia con il creato, sotto il sole e a lume delle stelle, nel succedersi delle stagioni, danno al libro una levità, un interesse, un palpito oltremodo suggestivo: il dinamismo di Ruzzante meravigliosamente contrasta con lo scenario reso nella multiforme bellezza e nel perenne incanto; il quadro della vita agreste è tratteggiato con tocchi vivi, sicuri, efficaci, indimenticabili onde a noi viene intera la vibrazione della sua colorata magia.

Le descrizioni nulla hanno di falso, di trito, di retorico: si avverte subito nella nitida e lucente prosa il timbro della sonorità originale, il bagliore della visione schietta, il brio dell’osservazione e dell’impressione diretta. Ruzzante è così veramente un capolavoro in miniatura di umorismo e di umanità.

RAFFAELLO BIORDI

  • Gazzetta di Novara. Periodico politico-amministrativo commerciale della provincia                                                 (ottobre 1958)               RICERCA IN CORSO

“Limpido, aureo, che ti sembra di leggere i classici del trecento e del cinquecento, pur senza preziosismi e licenze, il tutto pervaso di un sano, schietto umorismo, l’umorismo della nostra gente. Petroselli ha narrato con un gusto un’arguzia una abilità da grande artista …”.

Pina Ballario

  • Annali Ravasini. Sezione farmaceutica: rassegna di medicina, scienze affini, cronaca, Roma                         (ottobre 1958)                 RICERCA IN CORSO

“… Finezza psicologica veramente non comune”.

C. Mancini

  • POLEMICA. PERIODICO MENSILE DI LETTERE, ARTI E CRITICA, BARI  (ottobre 1958)                RICERCA IN CORSO

“Ruzzante: il capolavoro di Filippo Petroselli …”

vedi in Biblioteca regionale universitaria – Catania (CT) – +39 0957366228 – brs.ct@regione.sicilia.it

[consistenza] 3(1958)-4(1959).

Biblioteca Universitaria di Padova – Padova (PD) – +39 0498240211 – bu-pd@cultura.gov.it

[consistenza] 3(1958)-4(1959)

  • Il Fauno – Firenze        (dicembre 1958) RICERCA IN CORSO

“Scrittore, umanista, narratore, dotato di solida scrittura classica. La narrativa del Petroselli non è soltanto sorretta da una profonda cultura, ma anche da un vivo senso umanistico, da una incorrotta morale ed anche da un ben misurato umorismo, ma soprattutto da uno stile chiaro e robusto: per questo essa ha un valore educativo e formativo …”.

Antonio Pippo Cifarelli

  • L’Italia che scrive. Rassegna per l’Italia che legge   dicembre 1958    RICERCA IN CORSO

Ruzzante si legge volentieri per il suo tono brioso che s’imprime nella memoria proprio per la fresca lezione di buon senso che sa offrire, nascosta da un sorriso modesto e cordiale …”.

  • Smorfie e sorrisi > vedi bibliografia                 1958

A conclusione di uno studio su «Ruzzante» Domenico Costantino ha scritto:

Alcuni capitoli di Ruzzante sono di una potenzialità artistica inarrivabile. E in tanto più originali si rivelano, in quanto la personalità dello scrittore è tutta qui, indipendente e sovrastante, chiara e inconfondibile, anche quando dipinge figure secondarie. Per cui egli vince con questo libro – commovente e più umano che non si pensi – una bella e ardua battaglia a favore della narrativa umoristica italiana, in evidente decadenza.

Uomo, dunque, che, purché lavori, vive e crea, comunque faccia, insaziabile di bellezza e di conquiste, felice di una felicità suprema, modesto di una modestia innata, diritto e terso come l’acciaio. Scintilla al sole; e se piove, la pioggia non lo corrode. Non teme la ruggine, come non teme la bufera. Una lama che fende l’aria per colpire nel segno. Ma non fa male. E se lo fa, è tutto bene che ne viene. Così è la sua vita come la sua arte: un umorismo che sferza e sana, privilegiato da una moralità tutt’altro che bigotta, ma spiritualmente concepita in un ordine principale di idee eminentemente filosofiche e profondamente psicologiche e sociali.

Domenico Costantino

Bibliografia:

Domenico Costantino, Smorfie e sorrisi. Scritti Critici con prose e poesie di scrittori viventi (Vol. III), Studio Ed.Le Pagine, 1935

In Biblioteca nazionale centrale di Firenze

  • Domenico Costantino, Scrittori ed opere del dopo guerra. Scritti critici. Catania, Le Pagine, 1934
    Descrizione: 201 p. Serie: Galleria di nostra gente
  • Riccardo Forestieri, Loredana e la narrativa novecentesca in Italia, Bologna, C. Galleri, [1934] (Catania : Tip. Sorace e Siracusa) Descrizione: 198 p

– in Biblioteca Consorziale di Viterbo

Il *ritorno di “Ruzzante” di F. Petroselli / Domenico Costantino      In: Il Corriere siciliano  A.11, n.4 (30 apr./10 mag.1958), p.4

– in Biblioteca Nazionale Centrale  

Sciacca, Lucio, Quarant’anni di vita letteraria di Domenico Costantino, Lucio Sciacca Catania : Edizioni del Corriere Siciliano, 1959 

Costantino, Domenico, La scala dell’erta, Milano : Gastaldi, stampa 1958 

  • CORRIERE LETTERARIO (LA LETTURA?) Supplemento Corriere della Sera                                                                Giugno 1958                     RICERCA IN CORSO

“E’ un’arte difficile appunto perché è arte; ma Filippo Petroselli si accinge ad operare il miracolo con mano di maestro, con pensiero magico, con anima innamorata ed entusiasta, con ingegno fervido ed alacre. Ha mano di scultore, anima di artista, cuore pieno di fede, ingegno illuminato, tavolozza ricca, emotività fine. La sua efficacia narrativa ha limiti di quadratura scenica e potenzialità drammatica invidiabili”. 

Domenico Costantino, (nato 1897 – Poeta, critico letterario e giornalista. Fondatore e direttore del “Corriere Siciliano”. Nato a Linguaglossa, Catania)

RITORNA ALLA RIBALTA IL “RUZZANTE” DI DILIPPO PETROSELLI

Vincenzo Polidori, eletta penna, studioso e latinista emerito di fama internazionale, presenta con felici espressioni, l’opera di Filippo Petroselli che, con la ristampa di “Ruzzante”, celebra le sue nozze d’oro con la narrativa. Mentre ci congratuliamo ex toto corde con l’illustre nostro collaboratore rursus auguriamo a “Ruzzante” d’incontrare anche in questa nuova edizione, il favore dei critici e la simpatia dei lettori. Il libro è stato sempre giudicato, sin dalla sua prima edizione, degno d’entrare nelle scuole, sia per la sua amenità e moralità, che per il suo contenuto chiaramente formativo.

Da dieci anni Filippo Petroselli persegue con tutti noi gli ideali del bene, per abbattere il male in ogni campo dello scibile umano, da quello spirituale a quello scientifico, da quello sociale a quello letterario e artistico, per un mondo cristiano, fraterno, quindi civile nel senso più profondo della parola.

Egli con “Ruzzante” ha vibrato un sapiente colpo di penna nell’arteria del genere umano: un coraggioso salasso per togliergli dal cuore quel sangue nero che ha in sé i globuli del peccato e della cattiveria.

Del resto, Filippo Petroselli, umanista e libero docente di neuropsichiatria all’Università di Roma, nel percorrere la via faticosa della sua passione e della sua missione, ha avuto sempre un solo anelito ed un unico preciso intento: migliorare se stesso per poter migliorare il suo prossimo. 

Giovanni Marzoli

Con questo mio articolo recensivo, premetto, non intendo di accrescere minimamente la fama di Filippo Petroselli, il cui nome di scrittore narrativo assurge ormai a tale altezza di notorietà, che non ha bisogno della mia presentazione.

Inoltre tengo ad aggiungere che, invitato a parlare della recente pubblicazione del “Ruzzante”, nuova ristampa accresciuta, uscita per i tipi del Marzocco di Firenze, della quale hanno già estesamente parlato ed espresso giudizi favorevoli competenti critici, tra i quali Costantino, Zamboni, Ramata, Biordi ecc., io mi limiterò ad esporre alcune mie personali impressioni, ricevute nella corrente lettura del “Ruzzante” che, “uscito dopo 25 anni nuovamente di stalla sta brucando nuovi e freschi allori”.

Dico il vero, non conoscevo quest’opera magnifica del Petroselli, se non per quello che ne avevano scritto altri. Avevo letto però, e recensito anche, le novelle “Allegro ma non troppo. Secondo tempo” e “Versi e prose”, pubblicazioni queste più che sufficienti, per ritenere il Petroselli scrittore narrativo e poeta di altissimo valore. Avevo letto pure il “Carosello del tempo”, un vero gioiello, cesellato con arte finissima, in cui la fantasia giuoca un accordo sinfonico coi mesi e le stagioni. A queste opere devo aggiungere “Sole e cenere”, drammatico racconto dell’eruzione del Vesuvio, avvenuto nel 79; Mirtilla, leggiadra figliuola di Vesuvio, e il cane Argo ne sono i protagonisti commoventissimi.

Ed ora eccomi a parlare del “Ruzzante”, romanzo umoristico, originale, di vaste vedute, se vogliamo, come del resto è stato giudicato. Non sempre i paragoni rientrano nell’ambito proporzionale della giustezza; ma, se dovessi fare un paragone, direi, sempre per dare un’idea approssimativa e, per giunta, mia personale, che il “Ruzzante” del Petroselli non ha nulla da invidiare ad altri lavori di simile o maggiore entità, come potrebbero essere un “Don Chisciotte della Mancia” del Cervantes è un “Asino d’oro” di Apuleio. 

Giustamente è stato detto che il Petroselli, nelle sue opere, “non è mai venuto meno ad una esigenza interiore”. Questo pregio capitale va dato pure al “Ruzzante” che, lungi dall’essere vacuo, è intenzionalmente filosofico e schiude una vasta visione di un mondo morale. In altri termini, il Petroselli, scrittore umano e religioso, intende dare al suo “Ruzzante”, come del resto a tutte le sue opere, un significato altamente nobile e ricreativo al tempo stesso, mirando sopra tutto al cuore, sede naturale dei sentimenti e degli affetti, e scegliendo a tale scopo i mezzi più idonei e più efficaci a tradurre in atto il suo magnanimo e generoso proposito.

Se poi vogliamo portare l’analisi più oltre e vogliamo andare in profondità e quindi domandarci donde sia sbocciata nella mente dell’Autore l’idea primigenia di un’opera, qual è il “Ruzzante”, non è difficile trovare la via, che ci conduce a buon porto. Tale idea noi, spettatori delle prodigiose e molteplici prodezze del “Ruzzante”, possiamo derivarle “in massima” unicamente dalla profonda conoscenza, che il Petroselli, le cui prerogative di uomo studioso e scienziato sono ben note, possiede del cuore umano.

Come si sia sviluppata la stessa primordiale idea in ampio tema, armati di buona lente, forse possiamo trovare il filo conduttore o meglio un vestigio, una traccia turgida di linfa vitale, nel primo capitolo del “Ruzzante” intitolato “La nascita” denso di sorprese. Andiamo a pagina 12. Che cosa vediamo?

Nel sor Biagio, detto il Sediario, sprofondato nella poltrona a fiori, una volta rossi ora sbiaditi dalla vecchiaia, davanti alla scrivania, intento a istoriare con la penna teste di bestie e teste di uomini, noi ci vediamo impersonato l’Autore intento a istoriare il suo “Ruzzante”, che dovrà, in uno scenario pieno di sorprese, compiere gesta più o meno pazzesche, dalle quali di rimbalzo, scaturiranno considerazioni “fruscianti carezze di lama” contro l’impalcatura della società odierna. Sta qui il significato altamente morale del “Ruzzante”.

L’Autore, giova ripeterlo, riconosce, per esperienza sua particolare, che oggi tutti abbiamo una buona dose di bestialità, che Gianmeco chiama scherzosamente, altrove, “abbondanza di sangue”, la quale, come nel Ruzzante frenetico, di quando in quando, ha bisogno di essere diminuita, perché le passioni non prendano il sopravvento.

Un passo analogo e prospettico noi lo troviamo nel capitolo “San Martino”, a pagina 38.

Il sor Biagio, giunto col soccio alla fiera di San Martino e trovandosi di fronte ad un branco di suini sdraiati nella fanghiglia: “Guardali!” disse a Gianmeco. “Non ti pare che l’umanità assomigli un po’ a quelle bestie? … a tutti questi che abbiamo intorno? …” e girò lentamente la mazzetta. “La maggior parte degli uomini adesso … intendimi! … oggigiorno … mangia, beve, dorme … ma quanto a pensare … proprio nisba! … tutta pancia, poco cervello e meno cuore …”.

Non vogliamo essere tanto pessimisti; ma non possiamo negare che molti oggi conducono una vita così, come se altro non ci fosse da pensare seriamente; né ci sentiamo neppure noi pienamente convinti della malinconica riflessione, fino ad escludere l’ultimo spiraglio ad una migliore vita e ancora meno siamo lusingati di sentirci appaiati a bestie immonde, che ci stanno intorno. Ci associamo alla risposta moderata, che Gianmeco dette al proprio padrone.

E veniamo ora al bellissimo capitolo, giustamente intitolato “Monumento”, e fermiamoci alla pagina 120.

Il cavaliere Chioppi, alias sor Biagio, e il fedele suo soccio Gianmeco avevano fatto sosta desiderata, dopo un lungo viaggio in un vecchio bagaro, trainato dal bizzarro Ruzzante, all’osteria, che aveva per insegna una frasca arsa e rossiccia. Quivi, assai più che salame e pane di forno e fichi crepati di miele (narrata refero), avevano assaggiato “di quel rubino, che scivola presto in gola ed alla gente dabbene fa tutto veder bello e tutti belli e buoni”.

Perciò il sor Biagio, divenuto allegro e preso dalla solita voglia di filosofare, comincio a dire: “Pensavo che le teste degli uomini son proprio simili a zucche e cocomeri, un’immensa, infinita distesa di queste cucurbite che si cozzano ad ogni ondata di mare agitato, il mare della vita, comprendiimi bene, perché … checchè se ne cianci è ricianci, è sempre un mistero l’umana mente”.

Il buon filosofo, dopo una breve pausa, con tono allegro ancora, ma moderato, riprese a dire: “Quel che importa, amico, è che cocomeri e zucche non abbiano molto guasto dentro o almeno molto più sia il buono, dato che tutti dobbiamo averci un po’ di marcio.”

Inoltre il cavaliere Chioppi, con impeto oratorio, insolito, si scaglia contro la meccanica del secolo nostro, che avvelena le coscienze, che crede diritto suo di strafare, senza freno e limite, che pensa solo al presente, poco al passato e nulla all’avvenire e tutto ciò con diabolica spavalderia. “Si ricordi” conclude infervorato “quest’uomo così smemorato, che a forza di stirare la coscienza, per ogni verso, se qualche volta rischia di andare in galera, d’andare all’inferno lo rischia sempre. Ho desiderato di vederlo, caro Gianmeco, quest’uomo tanto svagato nei divertimenti, guardare un po’ più il cielo un po’ meno la terra; e soprattutto vederlo un po’ pensieroso della giustizia, dell’eterno, della morte e di quello che ci aspetta nell’Aldilà. Perché, amico, l’aldilà c’è, c’è, c’è!!!”. 

Filosofia spicciola questa, filosofia di tutti i giorni, basata radicalmente sul buon senso, che a un bisogno si fa strada da sé e, pure armato di soli esempi pratici, può sfociare in oratoria travolgente, oltre che persuasiva e convincente; come abbiamo sentito nel discorso del Cavaliere Chioppi, quondam sediario, il quale dall’esempio delle zucche e dei cocomeri cozzanti fra loro, ad ogni andata del mare, è passato a concludere che il simile avviene tra le teste degli uomini, sempre agitati e discordi, senza pensare che “è sempre un mistero l’umana mente”.

Il Petroselli inoltre ha inserito nel suo “Ruzzante”, a pagina 162, un capitolo commoventissimo, intitolato “Agonia e fanfara di libertà”, il quale, per il contenuto altamente umano e, diciamo pure, civile, merita di essere preso nella più seria considerazione.

L’Autore questa volta, facendo appello alla sua finissima arte descrittiva, ci pone dinanzi agli occhi una torma di bestie spaurite e silenziose, che vengono condotte, sotto i colpi spietati dei trascinieri, al triste luogo, dove le loro carni, già stanche e sfinite per il troppo lavoro, saranno trasformate in tante arrotondate mortadelle di Bologna. Fra le infelici bestie, vi sono pure teneri asinelli, strappati, con violenza dalle mammelle materne, vecchi somari costellati di cicatrici, puledrotti gagliardi. La Tuta, la madre del Ruzzante, è trascinata anch’essa al supplizio, sotto le sferzate degli aguzzini …

Il capitolo, macabro per sé, termina con lieto fine, cioè col suono della fanfara della libertà, riacquistata da tutti gli animali ancora gagliardi, che si erano dati a precipitosa fuga, al segnale della ribellione, dato con un formidabile raglio dal Ruzzante, giunto in tempo, coi suoi padroni per per protestare contro una barbarie, che dovrebbe cessare ovunque, con nuovi e saggi provvedimenti che assicurino la difesa e la protezione degli animali, che, per lunghi anni ininterrotti, hanno lavorato, a servizio e vantaggio dell’uomo.

Questo e non altro è il nobile, umano e civile significato, che il Petroselli, sensibile e generoso d’animo, ha inteso dare al capitolo suddetto, che merita di essere posto in rilievo.

Concludendo, con la penna sospesa in mano, che ci indurrebbe a fare qualche altra considerazione analoga a quelle già fatte, ci auguriamo, eloquenter lo diciamo con tutto cuore, che il “Ruzzante”, romanzo ricreativo,         nel complesso, morale, profondamente umano, artisticamente un capolavoro, incontri il favore del pubblico grande e piccolo, essendo accessibile a tutti.

Hoc est in votis! Macte, Ruzzans, macte nova virtute tua! Io! Rursus Io triumphe! Ad leones! rursus ad leones! Validum, ut mos est tuus, mitte ruditum! Arrectis auribus, ibis ad certamen, redibis victor, non morieris in bello! 

E … se questo è l’oracolo fatidico … pronunciato senza ambagi … è già un segno evidente e solare … della vitalità del Ruzzante che … dopo 25 anni di stalla, come dice l’Autore, “sta brucando ora nuovi e freschi allori”, sotto l’insegna secolare del “Marzocco”, che ne ha curata, con intelletto d’amore, la ristampa!

Vincenzo Polidori

  • SICILIA DEL POPOLO, PALERMO (novembre 1958)  RICERCA IN CORSO

Biblioteca nazionale centrale – Roma (RM) – +39 0649891 – bnc-rm@cultura.gov.it

[consistenza] 2 (1946); 4 (1948) -14 (1958). Lac. 1946

“… la scoperta di un narratore che ha tutte le carte in regola. Umorismo che scaturisce da certi costumi, mai da invenzioni senza senso. Pregevole stile e lingua fresca”.

Casimiro Fabbri

1959


  • ACCADEMIA: lettere ed arti, ROMA  (gennaio 1959)                RICERCA IN CORSO

“Vi pullulano trovate imprevedute e spiritose, quanto e più che nei classici famosi, dal Boccaccio al Pirandello, intrecci originali, per beffe e burle, più spassose di quella consegnata di Gianni Schicchi … di un caldo, scintillante humor consolatore, brioso e acuto, che non lascia la bocca amara. È un’opera equilibrata nelle parti, armonica e armoniosa. Stilista: spumeggiante, arioso, vivo, sanguigno dialogo, spaziosa arguzia di larga, facile vena. La garbata armonia, di stampo manzoniano”.

NELLA MEI PONZETTI

  •   Corriere di Sicilia – Catania               (febbraio 1959)             RICERCA IN CORSO

“Petroselli studioso e scienziato di chiara fama, rivela la sua predilezione per Imene. E la meditazione che gli fa accostare l’arte alla vita, alla natura e gli fa trarre la poesia dal fondo del cuore per trasformarla in luce creatrice, qualunque sia la posizione spirituale del lettore …”.

  • Messina Sera – Messina                        (febbraio 1959)             RICERCA IN CORSO

“ … Rispondenza perfetta tra immagine e parola come in una composizione musicale con II suoi assolo, i duetti, i crescendo, il morendo, il concertato virgola in un’efficacia lirica che denota urgenza di commozione e sicura padronanza espressiva è un esempio di bello, fresco, vigoroso stile italiano …”.

  •  Narrativa, Roma                           (marzo 1959)                 RICERCA IN CORSO

Direttore: Alessandro Bonsanti. Prosa e narrativa oggi.  De Luca Editori d’Arte, 

“Nella generale povertà della letteratura novecentesca, Ruzzante costituisce una bella eccezione. Nella galleria di asini illustri, da quello di Apuleio a quello di Verga, dobbiamo lasciare un posto al nostro Ruzzante. E chi sdilinquisce ancora per la leziosa Prière di Francis Juannues pour aller au Paradis avec les ânes contempli la teoria asinina del capitolo petroselliano intitolato Agonia e fanfara delle libertà … in questa parlante torma orecchiuta, Ruzzantericonosce la madre, moribonda; e ne viene un episodio tanto più toccante quanto meno sfruttato letterariamente…”.

G.R.

  •  Bel Mondo, Milano                              (aprile 1959)                  RICERCA IN CORSO

“… brio e arguzia animano la narrazione in una prosa ed efficace, viva per il suo spirito di umorismo”.

  • Diana, Firenze         (aprile 1959)                  RICERCA IN CORSO

“In ogni pagina vi è l’esaltazione della campagna, della vita vissuta all’aria aperta: albe, meriggi tramonti, solleoni e autunni sconvolti dalla furia della tramontana…”.

  •  La Parola e Il Libro. Bollettino bimestrale bibliografico, Roma (aprile 1959)

                   RICERCA IN CORSO

“Quello che forma l’attrattiva principale del libro non è tanto l’amenità pur grandissima del racconto, quanto lo spirito, il garbo, la vivacità di quello che si può chiamare l’ambiente della narrazione, cioè i luoghi e le persone. Paesaggio pieno di vita, allegro, descritto con uno stile scorrevole, pieno di brio, di arguzia, di presa in giro amabilissima. …”.

  • iOsservatore Romano, Città del Vaticano        (maggio 1959)  RICERCA IN CORSO

“Petroselli conferma con il suo cordialissimo, gustoso e gaio Ruzzante il suo impegno in uno stile più che mai avvincente …”.

  • La Gazzetta Padana, Ferrara                           maggio 1959   RICERCA IN CORSO

“Questo libro è da porre tra i gioielli della letteratura narrativa. L’arte di Filippo Petroselli per il suo tono umano, arguto e profondo ricorda quella di Mark Twain e di Jerome: è un’arte toccante, che l’intelletto guida, ma il sentimento arricchisce e sostiene …”.

  • Risveglio, Udine (maggio 1959)                           RICERCA IN CORSO

“Prosa personalissima che non risente della maniera di alcun altro scrittore: affettuosa, pittoresca, agile, armoniosa, fluida, schietta … insita originalità di impasto e di linea perché è immediata …”.

  • Tempo medico, Milano (novembre 1959)                    RICERCA IN CORSO

“Chiaramente bozzettistico, questo Ruzzante si giova di una prosa densa, articolata in ampi periodi e sorretta da un linguaggio ricco di lirismo e di humor. Petroselli è uno di quegli umanisti che amano la bella forma, la costruzione netta di personaggi e situazioni …”.

  • Nuovo giornale di Zurigo (1959)                                      RICERCA IN CORSO

“L’arte narrativa umoristica in Italia non può basarsi sopra alcuna tradizione. Petroselli è il primo ed è originale senza accostarsi affatto a modelli stranieri del genere …”.

1966


Il Giornale del Mezzogiorno / Le Ore, Roma (Marzo 1966)        

Ruzzante è senz’altro un capolavoro, una gemma della nostra narrativa, documento di un’arte schiettissima e sincerissima attraverso la capacità di vedere le cose con un occhio che noi abbiamo perduto. Gli diceva la Deledda, e lo so per certo, “Voi, don Filippo, scrivete meglio di me”.

Una storia sospesa tra fiaba e realtà nello scenario della campagna. Libro serio, malgrado il suo aggancio fantastico e l’introduzione scherzosa, sia per il pensiero che esprime che per l’arte che lo riveste.

Costituisce una delle più ispirate contemplazioni e pitture della natura. In linguaggio diventa invenzione, suono nuovo, strumento limpidissimo e naturale di un animo lietamente commosso. Varrà bene che qualche filosofo si curvi su queste pagine a notare gli apporti originali che Petroselli fornisce al nostro linguaggio: guizzi, piegamenti verbali, vocaboli modulati e variati nel suono, innesti improvvisi di radici nell’intuito poetico e di un effetto da rendere, e che balza fresco, lucido rugiadoso da una fantasia accesa d’amore per una tinta di cielo, una venatura di foglia, acque, frutta, fiori, per raggiungere il culmine nella pittura degli animali, talmente amorosa e toccante da far pensare a Palizzi, a quella sua freschezza di vena.

Petroselli scrive da maestro. 

Fausto Sartorelli

1968


Lettera, Archivio di famiglia, Viterbo                                febbraio 1968 

Ricevuto, a suo tempo Ruzzante, pur sapendo di non avere il tempo per dedicargli l’attenta lettura che avrei desiderato, mosso da quella curiosità pel libro, che è tutt’uno con gente del mio mestiere (se il grandissimo Rodin spesso e volentieri parlava del mestier, potrò parlare anch’io del mestiere) mi misi a sfogliarlo qua e là. L’attrattiva che in breve tempo ho provato, anche attraverso quella superficiale scorsa, è stata così forte che non mi riuscì più a staccarmi dal libro e – rinunciando completamente al riposo della notte – rimasi alla scrivania a leggere l’attraentissimo, geniale racconto fino all’alba appunto. Rifacendosi, col pensiero, alle mie così poco liete condizioni di salute e riflettendo al grande valore che ha per me il riposo notturno, Lei potrà facilmente concludere quanto profonda sia stata per me l’attrattiva esercitata dal Ruzzante. Bella e veramente originale l’opera (l’elogio dell’originalità è il massimo che io possa rendere a uno scrittore) cui, senza dubbio spetta un posto assolutamente a sé nella moderna letteratura italiana: in parte per la singolarità del soggetto; in parte per la mano leggera, il gusto, voglio dire, e l’eleganza con la quale il soggetto è stato trattato; senza che io possa tacerle il mio particolarissimo apprezzamento per la bella lingua: una lingua come soltanto a un toscano di vecchio stampo, quale certamente è Lei, poteva riuscire naturale. Elogio non di poco, professore, se fatto (com’è) da un uomo di studi al quale – come a pochissimi, anche per gli studiosi – è sempre stata a cuore (e continuerà a restare) la faccenda della lingua. La ringrazio, egregio, e mi permetta aggiungere, caro professore, per avermi procurato ore di così alto gradimento spirituale.

Sacchetti Berti, Torino